venerdì 30 settembre 2016

Anteprima 5 - Pilot Westworld






" Sai io ho visto tantissimi duelli ".
" Più di quanti ne ricordi ".


Vedere tante, tantissime cose e poi finire per non ricordarsele man mano che il tempo passa.
Questa sopra è una condizione umana normale, quasi banale ma cosa succede quando non parliamo di umani bensì di robot?
Cosa succede quando non è il semplice scorrere del tempo a causare questi problemi ma è un essere superiore a mettere mano al tuo cervello?
Finirai per scordare tutti i momenti felici ma anche quelli dolorosi peccato che questo ti porterà a rivivere sempre le stesse situazioni, giorno per giorno, momento dopo momento senza averne mai memoria.
Un loop infinito, dolce e amaro allo stesso tempo.

Un loop infinito è quello che ci troviamo davanti nel pilot di Westworld: una giornata qualunque, banale che segue un copione ben scritto con battute e didascalie.
Una donna, tanto semplice quanto bella, che incontra un uomo forse per la prima volta o per l'ennesima.
Non sta a noi a dirlo, non abbiamo abbastanza elementi per farlo.
Allo stesso modo non sapremo mai davvero quante volte lei e il padre si sono salutati, il cattivo ha premuto il grilletto e una mosca si è posata sulla sua pelle.
Ogni cosa si ripete come se fosse il ritornello di una canzone e mentre la bella ragazza crede di avere il pieno controllo sulla sua vita alcune persone dall'alto scrivono le battute e le didascalie creando  una strada, citata più volte dalla ragazza, da cui è impossibile uscire.

Westworld potrebbe essere solo questo, potrebbe essere solo una semplice canzone se non contassimo il sentimento, l'amore e l'impegno che c'è dietro.
Potrebbe essere solo questo se non ci sentissimo più vicini ai robot che agli uomini, se non provassimo empatia per chi non ha veri sentimenti ma li ha solo impiantati dentro.
Potrebbe essere solo questo se non ci spaventasse un essere privo di vita che apre gli occhi con la pressione di un pulsante.

La HBO però non ha solo speso l'anima e sputato sangue su questa serie, per il prodotto finale abbiamo aspettato anni, senza farla con la dovuta cura: questa serie tocca vette altissime.
Partendo dalla sigla che ricorda le migliori prodotte da Netflix passiamo alla fotografia che incornicia ambientazioni perfette, ah quanto adoro il far west, sino alla colonna sonora che tocca più volte in profondità lo spettatore.
Tutti gli attori, scelti per la serie, danno il meglio di sè in questo grandissimo pilot.
La Wood è fantastica in ogni singola scena anche quando apre gli occhi e basta.
Hopkins appena apre bocca ti entra dentro e sotto la pelle facendoti rabbrividire, in qualche modo.
Marsden è perfetto per la parte che ha.
Ed Harris fa paura, fa davvero paura.

Non ricordo da quanto non vedevo un pilot con questo valore sia tecnico che ideale, diciamo.
Westworld è stato citato più volte accanto a Games of thrones e direi che, questa volta, la HBO ci ha visto giusto.

Alla prossima!

#Anteprima
#Westworld

mercoledì 28 settembre 2016

Plus One 11 - Pitch






Dopo tantissimo tempo torniamo con un Plus One e parliamo di Pitch, la nuova serie Fox sul mondo del Baseball.

L'ultima settimana di Agosto e tutto Settembre è un periodo molto felice per noi amanti di telefilm: è il periodo di uscita dei pilot delle nuove serie televisive.
A Settembre tornano i vecchi show che hai amato e debutanno nuove serie pronte a tentarti.
Se al momento, fatte due eccezioni non c'è davvero nulla che mi attira, molti sono rimasti piacevolmente sorpresi da qualche nuovo show, uno di questi è proprio Pitch.

Pitch è la storia di Ginny , una giovanissima giocatrice di baseball, che è la prima donna ad entrare nella lega principale america.
I pregiudizi sono all'ordine del giorno e lei insieme alla sua manager e, per il momento, al proprietario della squadra che la spalleggia si trova a dover farsi strada in un mondo unicamente maschile.
Queste blande e banali premesse, unite all'ambientazione che proprio non mi ispirava mi avevano portato a scartare in un primo momento il pilot salvo poi averlo visto più volte citato nei tweet di persone che conoscevo.
Tutte queste piccole attenzioni mi hanno spinto a tornare sui miei passi e a premere play.

Pitch è senza se e senza ma, tolta una piccola sfumatura su cui torneremo dopo,  quello che la sinossi prometteva: la ragazza fenomeno, l'ambiente maschilista e le difficoltà dovute all'inesperienza.
Ginny si trova costretta a scontrarsi contro un muro enorme creato dalle gelosie e dai pregiudizi dei suoi compagni di squadra, con i suoi dubbi e con un mondo, quello dei veri grandi professionisti, per cui non si è mai davvero preparati.
Sin qui è un qualcosa che abbiamo tutti visto almeno una volta e soprattutto l'hanno visto gli Americani che vivono di queste storie sin da quando sono bambini quindi perchè ne sto parlando?
Perchè sto parlando di un pilot praticamente banale e già visto milioni di volte?
Vedete, Pitch fa si tutto quello che è stato fatto in precedenza ma lo fa bene, lo fa davvero bene.
Non c'è un momento sbagliato, non c'è un elemento che non dovrebbe esserci o calibrato in maniera errata.
I personaggi sono accennati e approfonditi quanto devono esserlo, hanno i loro tempi e delle motivazioni chiare ma anche discutibili se viste da una certa angolazioni.
C'è una strada ben delineata ma anche un enorme spazio di manovra per rendere Pitch tutto ciò che si vuole, allargandone gli orizzonti e spingendo sull'acceleratore.
È tutto così banalmente perfetto che la serie si permette anche un montaggio musicale che fa tanto film della Domenica pomeriggio ma molto meno fastidioso di quanto si potrebbe pensare.
Il cast di attori è composto da volti nuovi e non ma ognuno punta sul suo pregio migliore e nessuno si prende davvero i riflettori se non la nostra protagonista che, in più di un momento, dimostra di saperci fare non avendo però, ancora, avuto un momento eccezionale.

Dopo aver parlato della parte banale è arrivato il momento di parlare del piccolo tocco di genio che potrebbe alzare il livello dello show in poco tempo, quel colpo di scena di cui non parlerò per non rovinare la sorpresa a nessuno e che, un po' avevo già annusato dopo i primi minuti.
Ecco, questo piccolo dettaglio non solo rende aumenta il livello ma caratterizza di più la nostra protagonista e, allo stesso tempo, da allo show la possibilità di approfondire la cosa, di renderla più cupa e di spaziare quanto vuole verso lidi effettivamente sconosciuti e sicuramente più adulti.
Questo dettaglio da la possibilità a Pitch di diventare qualcosa di più, qualcosa che sia reale e che esca dal mucchio anche perchè se il colpo di scena si rivelasse più grave del previsto, perdonatemi se non avete visto la puntata, e non una semplice cosa del momento allora i personaggi si dovrebbero muovere di conseguenza e vedremo molti nuovi equilibri.

Pitch quindi non è semplicemente un buon pilot perchè introduce tutti gli elementi e i personaggi della serie senza sbavature ma perchè apre, con poche e semplici mosse, ad un universo molto più ampio e ad una serie infinita di possibilità per il futuro. 

Voto Plus One: 9

Prima di salutarvi vi invito a passare sulle nostre pagine affiliate: Telefilm obsession the planet of happiness, Traduttori Anonimi , World of two fan girls

Alla prossima!

#PlusOne
#Pitch

venerdì 23 settembre 2016

La leggenda della strega - The Blair Witch Project / Blair Witch






Nel 1999 debutta in sala, preceduto dalla prima campagna marketing virale, " The Blair Witch Project " , uno dei primi mokumentary della storia.
Nel 2016, eliminato dalla continuty ma non dalla memoria della gente il deludente " Book of shadows ", " Blair Witch ", ambientato nel 2014, riporta il mito della strega di Blair sul grande schermo e si riallaccia direttamente al primo film.

Visto adesso il primo Blair non è niente di che, è semplicemente un film di atmosfera senza un vero e proprio apice e quindi perde moltissimo.
Lo spettatore odierno vorrebbe un film più veloce, meno statico e un po' più " forte " in certi punti.
" The Blair Witch Project " adesso non avrebbe lo stesso successo del tempo ma visto all'epoca, vissuta la campagna virale sfido chiunque a dire che non sia un bel film, un film spaventoso.
" Blair Witch " invece è un sequel fuori tempo massimo e per questo anche un reboot e un remake ma non lasciatevi spaventare: non è come tutti dicono.
Sono entrato in sala temendo un reshot del primo, con una serie infinita di jump scares e quasi nulla del fascino della vecchia pellicola, questo dicevano le recensioni no spoiler che avevo visto ma il prodotto finito non è così.
Mentre ero pronto a vedere solo dieci minuti di " orrore puro " tutto il secondo tempo è una corsa al cardio palma e i momenti ripresi dall'originale non sono poi così tanti, certo ci sono jump scare inutili e la campagna virale non esiste ma il secondo tempo salva completamente tutto il resto.

Parlo però di questi due film per un motivo ben preciso: sono lo specchio della vita cinematografica del genere horror.
Mi spiego meglio: tanto tempo fa l horror era un terreno sperimentale dove l'autore osava e magari falliva o no mentre adesso abbiamo tutti horror abbastanza simili con i " famosi " jump scare " che riciclano vecchi temo passati.
Questi due aspetti sono rappresentati dai film di cui ho parlato prima ma c'è un punto che vorrei sottolineare: questi film fanno parte dello stesso insieme, dello stesso universo.
" Blair Witch " e " The Blair Witch Project " sono collegati da una stretta linea, si alimentano a vicenda e formano una grossissima mitologia da cui si possono far partire più cose.
Vedete la cosa importante è che abbiamo un evoluzione, un passo in avanti: non un semplice modo per fare soldi ma una voglia di andare avanti sfruttando il passato in maniera intelligente.
In un mondo, quello del cinema, sempre più in difficoltà mettere mano al passato e usarlo sensatamente non è cosa da poco e non lo è mai.

Io, almeno, la vedo così.
Ditemi voi che cosa ne pensate.

Alla prossima!

#TheBlairWitchProject
#BlairWitch

mercoledì 21 settembre 2016

American Comics In A Flash 6 - Batman Rebirth 1/6






Approfittando della chiusura del primo arco narrativo e del gap di due numeri dovuto al primo crossover batmaniano sotto l'etichetta Rebirth ho deciso di dire la mia sui primi sei numeri del Batman di Tom King.

Raccogliendo e leggendo fumetti, stando e parlando in fumetteria mi sono reso conto di una cosa: è quasi impossibile scrivere una brutta storia di Batman.
Il personaggio del cavaliere oscuro, di per sè, è così interessante che basta scrivere di un semplicissimo scontro per tirar fuori una buona storia.
Se questo, da una parte, è un vantaggio per qualsiasi autore si avvicini alla testata dall'altra porta i lettori a ricordare solo e soltanto gli archi narrativi o le run più memorabili relegando in un piccolo angolo oscuro qualsiasi altra storia: non importa se hai scritto una storia carina, se non è eccezionale non verrà ricordata.
Ci avete mai fatto caso?
Ricordiamo tutti " Knightfall " ma nessuno ha davvero presente ciò che viene prima o dopo, nessuno.
Per di più, recentemente, avvicinarsi alla testata è diventata una vera sfida: il Batman definitivo di Morrison e l'allungamento della leggenda ad opera di Snyder hanno reso difficilissimo scrivere qualcosa di altrettanto convincente.

Consapevoli di tutto questo in DC hanno deciso di affidare Batman Rebirth a Tom King, autore americano che aveva già fatto impazzire il pubblico con l'ottimo Omega Men e Grayson.
Probabilmente è stato proprio il lavoro dell'autore sulla testata dedicata al figlio acquisito prediletto di Batman a far decidere i piani alti della casa editrice: difficilmente si può trovare una rivoluzione così drastica ma anche di successo nei comics moderni per un personaggio storico.
Per di più King, in Grayson, era riuscito a ricreare, a mio parere, alcune atmosfere morrisoniane e a mettere insieme, da zero, un micro cosmo al cui centro potevamo trovare Dick.

Forte di questi grandi successi, perchè grandi sono, il pubblico era entusiasto del nuovo sceneggiatore e con loro anche io, peccato che questi primi sei numeri non mi sono piaciuti minimamente.
King non è sicuramente un cattivo scrittore, questo no, tant'è che su Grayson ha dimostrato di saper stupire ma credo che con Batman abbia completamente perso il treno.
" I am Gotham " è un buon arco narrativo, introduce due bei personaggi e ne riporta su altri ma manca di mordente a mio modo di vedere.
Si sviluppa si in sei numeri ma si perde in almeno uno lasciando quasi un buco negli eventi.
Non spinge quanto deve l'acceleratore e poi si spegne, senza davvero un motivo.
Certo, il finale dell'arco è ottimo e lascia ben sperare ma ciò che è venuto prima è davvero dimenticabile.
L'idea stessa di creare un micro cosmo, già fatta in Grayson e anche in Omega Men, qui manca clamorosamente e si sente.
Basta fare un semplice confronto con la prima run di King e la One Shot di introduzione a Rebirth su Batman scritta da Snyder: si sente la differenza, si sente che li ci sono buone idee ben sfruttate ma mai portate ad una conclusione.

C'è ancora tempo per migliorare il tutto ma se continua così King sarà solo un bravo scrittore e non un ottimo scrittore che ha scritto su Batman.

Alla prossima!

#BatmanRebirth
#Batman
#AmericanComicsInAFlash

venerdì 16 settembre 2016

Narcos 2 - Pablo muore



Lo so, è tardi e vi avevo promesso il solito articolo di Venerdì ad un orario decente ieri ma oggi ho ripreso in mano la mia vita dopo due giorni di test quindi chiudete un occhio per me.
Detto questo, direi che possiamo iniziare a parlare della seconda stagione dedicata al narcotrafficante più famoso della Terra: Pablo Escobar.

Se già è difficile scrivere e produrre un'ottima serie è ancora più difficile scrivere e produrre un'ottimo seguito della suddetta rimanendo sullo stesso livello o, addirittura, superandolo.
Netflix però, se non ci riusciva lui nessuno poteva riuscirci, riesce in questo difficilissimo compito e dopo aver regalato un'ottima prima stagione tira fuori dal cilindro una magnifica seconda stagione di Narcos.
Ora, non so se per voi questa superi o sia allo stesso livello della prima ma credo che siamo tutti d'accordo sul fatto che entrambe siano davvero stupefacenti.
Si è vero, Narcos è tratto da fatti reali quindi è più " facile " sceneggiarlo ma un bel lavoro si vede sempre e su questo non ci sono dubbi.
Utilizzando la tagline " Pablo Dies " la " rete " mette subito le carte in tavola " spoilerando " l'evento più importante della stagione e portando lo spettatore al concentrarsi sul come si arriva a quell'evento e non sull'evento in sè.
Seguendo questa filosofia rientriamo nelle vite dei nostri agenti della DEA preferiti e ci concentriamo sulla loro vita, sui loro dolori e sui loro pensieri.
Insieme a loro " subiscono " questo stesso trattamento tutti i personaggi presenti e passati della serie che in un modo o nell'altro vengono messi sotto il microscopio e analizzati: questa stagione non è incentrata su Pablo ma sulla sua fine e su ciò che, in quei mesi, è capitato a chi gli stava vicino.
Dalla madre di Pablo al nuovo e al vecchio generale del corpo militare creato per fermare il boss del narcotraffico tutti sono messi sotto i riflettori, tutti sono costretti a prendere certe scelte, alle volte anche molto forti.

Dalla sigla iniziale alla commistione tra finzione e realtà nel finale Narcos non cambia pelle, rimane fedele alla sua formula basilare ma non abbassa il tiro e sia tecnicamente, in tutti i campi, che registicamente regala un bel episodio dopo l'altro tornando a raccontare questa tremenda favola.

È vero, a quanto ho sentito risulta essere molto romanzato in alcuni punti e questo, direi, è l'unico difetto della serie ma possiamo tutti passarci sopra perchè se non lo fate, se non ci riuscite allora non avete molto cuore.
Quasi per niente.

Pablo è ufficialmente morto ma Netflix ha deciso di non arrendersi rinnovando la serie per altre due stagioni e mettendo sotto i riflettori il cosidetto Cartello di Cali.
Francamente avrei preferito che queste due nuove stagioni fossero staccate dalla serie principale e formassero uno spin off ma dalla vita non si può avere tutto quindi non possiamo fare altro che incrociare le dita: Netflix fa l'ennesimo bel lavoro.

Prima di salutarvi vi invito a passare sulle nostre pagine affiliate: Serie Tv is the way, Telefilm obsession the planet of happiness

Alla prossima!

mercoledì 14 settembre 2016

Come scriverei 1 - American Horror Story 6




Allora, ho appena finito il primo test per l'università, e, prima di andare al cinema per sfruttare i due euro del biglietto, inizio a scrivere l'articolo di oggi che non so quando arriverà quindi abbiate pazienza se verrà tutto pubblicato in ritardo.

Oggi, io non vedo l'ora, assisteremo al debutto della sesta stagione di American Horror Story che, tecnicamente, dovrebbe in qualche modo spiegare il collegamento presente e nascosto tra tutte le vecchie stagioni della serie.

Ora, AHS non è mai stata una serie chiara e limpida, non è mai stata sempre una bella serie, basta guardare la quarta e la terza stagione, e proprio per questo ho deciso di iniziare questa nuova rubrica scrivendo la MIA sesta stagione di American Horror Story.
Ho due premesse da fare:

1 L'obiettivo principale è riunire tutte e cinque le stagioni di AHS con questa singola stagione rispondendo a varie domande.

2 Non ho guardato nessuna notizia sul cast e sulla trama della serie, per quanto siano poche, tranne una particolare foto, che chi ha visto riconoscerà, e il fatto che questa stagione sia ambientata su due linee temporali.

Chiaramente chiunque voglia leggere questa " teoria " dovrà conoscere abbastanza bene tutte le stagioni di AHS e i suoi personaggi.

Detto questo, iniziamo: ecco come scriverei la sesta stagione di American Horror Story.

LINEA TEMPORALE: PRESENTE

Siamo nel 2016 e la nostra protagonista è Sarah Paulson che interpreta la sorella più piccola di Vivien Harmon alla ricerca del figlio perduto della sorella, quello partorito dopo lo stupro della donna ad opera di Tate.
La ragazza durante tutta la stagione incontrerà personaggi degli anni precedenti come la telepate Billie interpretata dalla stessa Paulson, Zoe la strega di AHS: Coven, i fantasmi di sua sorella e di tutta la vecchia famiglia e la bravissima Jessica Lange nei panni di una vecchia e ormai morente Costance che le indicherà la strada per lo scontro finale.
La ragazza, infine, si troverà di fronte il suo lontano e demoniaco cugino che avrà preso il nome d'arte di Bloodyface in onore dei due più grandi killer di tutti i tempi, ricordando la seconda stagione, e sarà diventato un bravissimo assassino avendo anche passato un po' di tempo nell'albergo stregato di AHS: Hotel.
Lo scontro tra i due si chiuderà con la vittoria della donna che libererà la Terra dal male e ripulirà il nome della sua famiglia.

LINEA TEMPORALE: PASSATO

Durante la stagione, grazie al personaggio interpretato da Sarah Paulson, scopriamo come e perchè l'intera famiglia degli Harmon è così legata al demonio e, in qualche modo, sia maledetta.
I flashback ci portano ai primi anni della colonia Roanoke e vediamo la famiglia Harmon originale, identica a quella vista nella prima stagione, che arriva sulla terra ferma dopo un viaggio in mare per entrare nel Nuovo Mondo.
Scopriamo, appena la famiglia arriva a terra e si ambienta, che il capostipite della famiglia è arrivato alla colonia per confrontarsi con una congrega di streghe nata dopo lo sbarco dei primi pellegrini.
La congrega di streghe, guidata dalla Lange, è in contrasto con un clan di vampiri guidato da Lady Gaga, che chiaramente non è il personaggio visto in Hotel, in cui troviamo anche Evan Peters e il vampiro che nel futuro, più precisamente nella quinta stagione, trasformerà Rodolfo Valentino a sua volta.
Lo scontro tra le due fazioni crea scompiglio nella colonia ma solo alle streghe è stata addossata la colpa.
Il vampiro interpretato da Peters si ritroverà coinvolto in un triangolo amoroso tra il personaggio interpretato da  Emma Roberts e quello interpretato dalla Farminga scegliendo, infine, quest'ultima.
La Roberts, spinta dalla gelosia, decide di vendicarsi e di uccidere Peters, dopo aver scoperto che questo è un vampiro, non prima però che lui si sia rivelato alla Farminga e, dopo averle rivelato l'intera storia delle fazioni, abbia stretto con lei un patto di sangue: qualsiasi cosa fosse successa le loro anime si sarebbero ritrovate in qualche modo, rimanendo legate.
Il personaggio della Roberts, però, li maledice e promette che li seguirà per l'eternità: il " patto di sangue " e la maledizione della Roberts spiegano perchè ritroviamo in più stagioni questi tre ragazzi in una coppia o in un triangolo.
Sconvolta dal dolore per la perdita del ragazzo la Farminga decide di avvicinarsi alle streghe, essendo già stata allontanata dai vampiri che la incolpano della morte del ragazzo, e di unirsi a loro vendicandosi così della Roberts, uccidendola.
Lady Gaga, scoperto che la Farminga oltre ad aver causato la morte di Peters si è unita alla congrega rivale, decide di lasciare la colonia non prima, però, di aver rivelato al padre della ragazza che questa ormai è una strega.
Il padre, furioso per la scelta della figlia, uccide la moglie che era a conoscenza della cosa e fonda il primo gruppo di cacciatori di streghe, lo stesso nome sarà utilizzato dal gruppo di cacciatori di streghe visto in Coven.
I cacciatori imprigionano la Farminga e alcune sue compagne e le mettono al rogo.
La ragazza però, prima di morire, maledice la sua stessa famiglia e tutti i suoi successori legandoli al diavolo: ecco spiegato il motivo per cui gli Harmon sono maledetti.
Scosso per ciò che è successo il capostipite della famiglia è pronto a ripartire per Londra, scorpiamo che in Inghilterra ha ancora un fratello, ma le streghe, sempre guidate dalla Lange, decidono definitivamente di vendicarsi risvegliando, per la prima volta, con un potente rituale tutti i morti della colonia come fantasmi: a detta delle streghe questo rituale unirà per sempre il mondo terreno a quello spiritico potendo creare problemi simili in futuro.
I fantasmi uccidono tutti i membri della colonia, non lasciando tracce, lasciando per ultimo il capostipite degli Harmon che verrà poi eliminato dalla Lange.
L'uomo, prima di morire, scrive su un albero la parola " CROATOAN " sapendo, proprio perchè ha studiato la stregoneria, che questa fa parte di un particolare rituale per allontanare gli spiriti maligni tuttavia solo le streghe possono utilizzare la magia: questo spiega la colonia fantasma di Roanoke.

Detto questo la mia " sceneggiatura " è finita: spero che vi abbia convinto e che sia migliore, forse no, di quella che vedremo.

Alla prossima!

#ComeScriverei
#AHS
#AHS6
#AmericanHorrorStory

venerdì 9 settembre 2016

The Witch - Come Stephen King






Quando parlo di un film horror paragonarlo ad un'opera del re del brivido per me è uno dei più grandi complimenti che possano esserci.
Perchè penso che King sia un maestro nel raccontare storie di questo tipo e perchè sono convinto che nessuno sappia muoversi come lui in quel mondo.
Entrare al cinema a vedere The Witch quindi non è stata solo una bellissima scoperta ma una grandissima esperienza che consiglierei a tutti anche se si parla di recuperare il film in dvd: non perdetevelo in nessun modo.

Così come King non racconta di un particolare evento sovrannaturale o di un mostro ma delle azioni della gente comune in contatto con determinate entità così The Witch, scritto e diretto da Robert Eggers, mette sotto i riflettori la solitaria vita di una famiglia puritana appena arrivata in America e costretta a scontrarsi, in primis, con la natura selvaggia, e poi con una non meglio specificata minaccia di stampo magico di cui non saremo mai davvero sicuri.

Senza fare molti spoiler tra un raccolto immangiabile e varie sparizioni lo spettatore è costretto a muoversi al buio tra la superstizione e la follia trovandosi più volte costretto a chiudere gli occhi per le scene forti o a tenersi la mascella attaccata alla bocca evitando la sua caduta per via di eventi da far accapponare la pelle.
Non c'è mai davvero un personaggio che ostenti sicurezza o che si muova senza pregiudizi: rinchiusi come sono nella loro fede i personaggi non riescono più a respirare di fronte ad un mondo che non da più le risposte giuste, quelle che loro si aspettano.

The Witch o meglio The VVitch è un'esperienza al di fuori del comune, inquietante e neanche per un attimo banale.
Con queste ultime parole io mi fermo qui perchè non voglio dire altro e non c'è altro da dire: per un film perfetto basta davvero poca pubblicità.

C'era una caprone in una capanna, in una notte scura e da lì tutto iniziò.

Alla prossima!

#Cinema
#TheWitch

mercoledì 7 settembre 2016

It - Il Clown malvagio






Una volta, molto tempo fa, una persona che stimo molto, non so ancora per quanto tempo, riuscì a definire perfettamente Sthepen King  con una singola frase: " King non scrive di mostri ma di cosa succede e come si comporta la gente normale quando incontra quei mostri ".

Al tempo non avevo letto nulla di King ma quella frase mi rimase terribilmente impressa: sembrava un modo perfetto per scrivere dei bellissimi romanzi.
Anche con tutto il mio interesse solo di recente ho iniziato effettivamente a leggere i libri del re del horror guardando anche, appena finito il libro o il racconto, il film corrispondente e quest'anno, complice anche la voglia di mettere mano ad un libro al mese ho letto quello che secondo molti è un capolavoro: It.
Anche se ancora non sono riuscito a vedere il film corrispondente e il libro di Settembre mi ha fatto abbastanza schifo e l'ho abbandonato quindi niente articolo per questo mese, It mi ha piacevolmente sorpreso riuscendo a intrattenermi per tutto il tempo dovuto e regalandomi anche una serie di emozioni.

Tornando alla citazione d'inizio articolo questa calza perfettamente su IT: non è una storia dedicata a quella creatura informe che tormenta la gente ma a quei ragazzini che decidono di distruggerla.
It è la storia di sette amici, tormentati da dei bulli, che decidono di fondare il cosidetto Club dei perdenti prima di scontrarsi con un mostro venuto da chissà dove.
È la storia di come questi ragazzi riescono a maturare insieme e a scontrarsi con le difficoltà della vita.
È la storia di un balbuziente, di un obeso, di un nero, di un ebreo, di un disadattato, di una disadattata e di un ipocondriaco invisibili se non tra di loro da ragazzini e famosi ma non più in contatto da adulti.
È la storia di un lutto, di una separazione e d è la storia di come si affrontano questi dolori: sia da ragazzini che da adulti.
Non è una storia dell'orrore, non è una storia del tutto fantastica ma è sicuramente un romanzo di formazione tremendamente delicato e, a tratti, davvero doloroso.
IT è l'inizio e la fine, nel vero senso della parola, di una piccola grande storia uguale a quella piccola grande storia che ognuno di noi ha almeno una volta vissuto: quella di una fortissima amicizia.

Difficile dire quanto sia o non sia parte del l'infanzia dell'autore questo continuo ricercare un legame tra più bambini disagiati, questo scontro con i ragazzi più grandi e la mancanza dei genitori.
Difficile dire se King abbia vissuto queste cose o sappia cosa accomuna tantissime persone e le tiene legate l'una all'altra con un invisibile filo di esperienze condivise.
Difficile dire se qualcuno l'abbia aiutato a scrivere, come molti dicono, o se sia riuscito a tirar fuori dalla sua testa e, magari, dal suo cuore molte delle splendide parole e delle splendide frasi che usa per descrivere determinati momenti o piccoli legami e azioni.
Chissà se c'è del dolore, della felicità, della frustrazione o della rivalsa nelle sue mani che scivolano sui tasti.
Quello che vorrei far capire, che spero di essere riuscito a far capire è che It è un gran libro non perchè parla di un mostro inarrestabile ma perchè parla di amicizia e di amore come l'abbiamo provata tutti.

Questo libro vale così tanto per me perchè io sono il balbuziente, il nero, l'obeso, l'ipocondriaco, il disadattato, l'ebreo e la disadattata anche se con molto meno rossetto.
Volete sapere qual è il bello?
È che lo siete tutti voi.

Infine vorrei che mi facciate un favore quando aprirete il libro chiudete gli occhi e tornate a quando avevate dodici anni perchè, come dice King, chi ha gli amici che aveva a dodici anni?

Alla prossima!

#LaLettura
#IT

venerdì 2 settembre 2016

Scherzo non riuscito - Perchè il Joker di Leto non è un buon Joker?





Si, l'altro giorno ho visto Suicide Squad al cinema e vi preannuncio già che sarà oggetto di una serie di articoli ma ora come ora voglio concentrarmi su una semplicissima domanda: perchè il Joker di Jared Leto con quella sua giacca sbrilluccicante e quella sua fastidiosissima mano davanti alla faccia in qualsiasi momento non è un buon Joker?

Sin dal principio il nuovo Joker ci è stato sbattuto in faccia come un elemento prominente e vitale, tenete bene a mente questa parola, per l'intera trama del film.
Anche la maggior parte dei trailer, americani e non, vedevano il Joker sempre più centrale rispetto a tutti gli altri protagonisti e, grazie ad alcune sapienti manovre di montaggio, tutti si aspettavano almeno uno scontro a fuoco tra il pagliaccio del crimine e la squadra protagonista del film.
Qualcuno ha visto qualcosa del genere?
Qualcuno ha visto il Joker come personaggio vitale per la trama?
Qualcuno l'ha visto affrontare la Suicide Squad in uno scontro diretto?
No, anzi si la DC ha visto Joker contro la Suicide Squad ma poi hanno deciso di tagliarlo dal film perchè era meglio ficcarci dentro quello che sale sui muri e schiatta in due secondi.

Detto questo, lasciamo stare che poi mi incazzo, è chiaro che il personaggio di Leto, come su sua stessa ammissione, è stato pesantemente penalizzato dal montaggio.
Ci sta, è triste ma ci sta, l'unica cosa è che io non credo che il personaggio potesse risultare migliore con la visione delle scene eliminate perchè è, semplicemente, un personaggio sbagliato.
Il Joker di Leto non è sicuramente il Joker del Batman di Burton o il Joker meraviglioso, per me, di Ledger ma non è il Joker è solo uno stronzo con i capelli verdi e la pittura in faccia.
Non è il Joker dei fumetti ne quello dei cartoni animati: è Jared Leto con una dentiera in bocca.
Questo Joker non combatte Batman quando ne ha l'occasione, non fa effettivamente cose folli, non tratta Harley come dovrebbe e, soprattutto, non ride quasi mai ma sembra solo tremendamente incazzato.
Per carità ci sta che vuoi farlo cattivo e incazzato, un Joker della strada, ma perchè non farlo ridere un po' di più?
Perchè fargli dire una serie infinita di cazzate mai veramente intriganti?
Perchè fargli mettere questa cazzo di mano davanti alla bocca o davanti alla bocca degli altri ogni santa volta?
Perchè?
Mi spiegate il motivo?
Non c'è, non danno spiegazioni come non danno spiegazioni per il timore che lo stesso Joker provoca: totalmente ingiustificato.
Tutte le operazioni del criminale non riescono del tutto e in quelle che riescono, invece, lui non fa davvero nulla.

Tolti tutti questi problemi che possono derivare da problemi di montaggio e di scrittura del film il problema vero credo sia Leto stesso: non mi è piaciuto.
Qualcuno dice che sia l'overacting, altri parlano di direzione sbagliata ma per me è proprio piatto.
Non so come dirlo o come farvelo capire ma un attore che porta il Joker in scena, o lo stesso Joker, pure se relegato in un angolo, come in questo film, dovrebbe attirare l'attenzione del pubblico, dovrebbe stupire e incantare.
Jared Leto non ci riesce: non ci riesce nella scena del nightclub e non ci riesce nei flashback.
Leto urla, ansima, fa una serie infinita di gesti, dice cose a caso a persone a caso e ride quando gli capita, sempre troppo poco, ma nulla di tutto questo ti rimane davvero in mente in maniera positiva: persino il nuovo Lex Luthor mi ha lasciato qualcosa in più.

Insomma, questo è il mio pensiero sul nuovo Joker interpretato da Jared Leto in Suicide Squad che, sorprendentemente, potrebbe anche non apparire mai più sullo schermo: viste le ultime dichiarazioni dell'attore?
Chissà come la cosa verrà recepita dalla Warner.
Lo vedremo.

Alla prossima!

#SuicideSquad
#Editoriale