lunedì 3 dicembre 2018

Baby - La giusta "piccola" serialità italiana


Al di là che la serie non tratti strettamente delle baby prostitute del quartiere parioli o che le prime due puntate mi siano sembrate un po' "stonate", se permettete il termine, non posso non dire che il mio sogno, manco così segreto, è fare ciò che hanno fatto i ragazzi del collettivo GRAMS*.
Iniziare a progettare e a scrivere un'idea con un gruppo di persone, metterla su carta, proporla a Netflix e poi, infine, vederla sullo schermo è il mio sogno, da bravo "BABY" sceneggiatore, ed è stato, ci posso scommettere, il sogno di questo gruppo di ragazzi che, permettetemi di dirlo, ce l'hanno fatta.
I giovani del collettivo GRAMS* sono riusciti, secondo me, a superare nella scrittura anche "Suburra" che scivolava sempre e comunque su alcuni punti anche andando avanti con gli episodi.
"Baby", invece, parte piano, inciampa ma riesce col tempo a prendere fiducia e, tolto qualche "errore", a tagliare il traguardo in un tempo da record.
"Baby, anche per via dei suoi sei episodi, fila via senza problemi riuscendo però ad essere una bella serie.

Chiara e Ludovica sono due ragazze diverse, frequentano la stessa scuola ma non le stesse persone.
Chiara ha una propria compagnia e un proprio "fidanzato" mentre Ludovica non ha proprio nessuno.
Per un puro caso le due ragazze si incontrano e da lì in poi la nostra e la loro avventura inizierà.
Le due scopriranno, secondo loro, cosa significa essere grandi e entreranno in contatto con coloro che normalmente i genitori vogliono tenere lontani dai figli.
Spinte però un po' dalla curiosità, dalla rabbia verso il mondo intorno a loro e dai dolori tipici della loro età inizieranno a fare delle scelte che prima non avrebbero mai fatto portando via con loro tutti quelli che amano.

Iniziando un po' come "Elite", il ragazzo nuovo che arriva c'è anche qui anche se è un ottimo mezzo di sceneggiatura per far vedere a noi spettatori un mondo nuovo, "Baby" se ne allontana subito ponendosi su un sentiero diverso e evidenziando i problemi generazionali tra genitori e figli e non, continuamente, tra ceto medio e alto come la serie spagnola.
Alcune cose potrebbero sembrare identiche solo che vengono elaborate diversamente come la storia di Fabio, personaggio che parte in sordina e che solo nel finale trova la sua definitiva liberazione.
Seguendo le varie vicende osserviamo la vita di due ragazze che decidono di stare insieme perché si sentono spiriti affini e, nello stesso tempo, condividono un segreto, possiamo anche dire una vita segreta, più pericoloso di quanto pensano.
Intorno a loro gravita tutta una serie di personaggi che bene o male riesce a trovare il proprio spazio dimostrando così che loro non sono semplice comparse e che i ragazzi di GRAMS* non hanno lasciato nulla al caso.
Si evita, cosa che "Elite" non faceva, di scadere nel ridicolo e di rimanere con i piedi per terra dimostrando, anche, che nei piccoli gesti, come comprare un orso di peluche gigante,  risiede un qualcosa di più.
Non c'è nulla di esagerato, nulla che possa far dire che i ragazzi questo o quello non lo fanno.

"Baby" non è, come molti credono, una serie crime e neanche vuole esserlo visto tutto il poco spazio riservato ai loschi movimenti dei "villain" della serie ma è un teen drama che cerca di non scadere nel ridicolo evitando sgambetti e clichè del genere.
Certo, non tutto è rosa e fiori, le prime due puntate hanno dei momenti che lasciano un po' spiazzati, e non si riesce a sfuggire ad ogni clichè, mi sfugge ancora il senso della storia d'amore tra due persone di età diverse, ma superati alcuni scogli il resto non è per niente male.
Che sia merito della regia di un Andrea De Sica che fa cinema alla TV o della bravura di tutto il cast principale, Benedetta Porcaroli e Riccardo Mandolini sono fantastici sullo schermo, ce l'abbiamo fatta e abbiamo, ancora una volta dopo "Suburra" superato lo scoglio della serie TV serie e non comica o fatta tanto per fare.
Ci siamo anche noi su Netflix.

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Alla prossima!

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