Per gran parte del tempo ho provato un senso di fastidio guardando questa terza stagione di "True detective".
Mi sembrava di star guardando un qualcosa di già visto, di già sentito e di già scritto.
Mi sembrava di vedere una prima stagione con dentro la tematica razziale e al posto delle donne scomparse i bambini.
Mi sembrava di avere davanti, ancora una volta, l'ennessimo uomo nero bianco e ricco che aveva fatto qualcosa di male e era riuscito a farla franca.
Ancora una volta mi sembrava che Pizzolatto avesse deciso di prendere un gruppo di detective, mischiare le carte con un gioco legato ai piani temporali e di riunire il tutto puntando il dito sul solito villain interessato ai bambini come era accaduto nella prima stagione, nella seconda e ora in questa.
Insomma, mettetela come volete ma mi sembrava di rivedere sempre la stessa cosa, mi sembrava che tutto si stesse ripetendo come se un serpente si stesse mangiando la coda.
Questo da alcuni era visto come un pregio, come una mossa intelligentissima ad opera dello sceneggiatore consapevole delle passate stagioni e capace di richiamarle a sé in questo modo.
Non stavamo vedendo ancora una volta più piani temporali perché serviva alla trama ma perché si voleva richiamare le precedenti stagioni e così via.
Molti ci vedevano della genialità io ci vedevo solo una faccia da culo e poca inventiva.
Fortunatamente però, non l'avrei mai detto, gli ultimi due episodi sono riusciti a rimettere insieme i pezzi del puzzle dando allo spettatore uno sguardo complessivo all'intera indagine, uno sguardo chiarificatore e, per me, soddisfacente.
Le ultime due puntate dello show, avevamo già avuto i primi indizi nel sesto episodio, hanno messo in ordine alcune cose e ci hanno dato la possibilità di dividere la prima e la terza stagione di "True detective" in maniera chiara allontanando il senso di ripetizione e mettendo le cose nelle giuste caselle.
Questo finale, per me, corona una stagione che ha visto un intreccio non troppo complicato, in linea con le passate stagioni ma coerente con la soluzione conclusiva.
A differenza di una prima annata con un intreccio troppo semplice per una soluzione così complicata e della seconda con un intreccio complicatissimo per una soluzione semplice qui tutto è nettamente bilanciato, fatto con precisione e dosato nel migliore dei modi.
Così, lasciando stare il caso, abbiamo i paesaggi meravigliosamente malinconici e sporchi creati da Pizzolatto che fanno da contorno a più di una storia drammatica vero motore di una narrazione comune in tutte le stagioni di questa serie.
Un motore che finalmente può respirare e può farsi vedere senza il sentore paranormale della prima stagione o l'eccessività della seconda che utilizzava il sesso o la violenza come copertura per la propria retorica.
Una retorica che si vede anche qui ma che riesce ad essere più accettabile anche grazie alla situazione del nostro protagonista tediato da una malattia che lo porta a scordare le cose e che quindi lo rende perfetto per ripercorrere più volte la stessa strada come vuole lo stesso Pizzolatto.
Quindi sì, abbiamo ancora una volta più piani temporali e una coppia di detective e un enorme uomo bianco cattivo ma nulla è come sembra e tutto torna dove dovrebbe tornare.
Il tempo è un cerchio, le storie si ripetono come la bravura dei due attori protagonisti ma lo svolgimento cambia, il finale si muove su linee più tenui e a rimanere sulla scena è la storia d'amore di due persone che non sanno veramente come amarsi e quella d'amicizia tra due persone che più di una volta si sono allontanate e tutte quelle volte hanno perso qualcosa.
Se volete il meglio di "True detective" questa terza stagione è ciò che fa per voi.
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Alla prossima!
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