lunedì 28 maggio 2018

Articolo politico senza foto

Sono passati quasi tre mesi e, ai vertici di questo paese, la situazione non sembra essere cambiata o meglio è cambiata ma in peggio.
Per un mese e qualcosa, se ho fatto bene i calcoli, la Lega e i Cinque Stelle, quelli che non volevano far perdere tempo agli italiani, hanno fatto avanti e indietro tra di loro, giocando a nascondino.
Poi uno ha trovato l'altro e, in un lampo, è arrivato il nuovo governo.
Un governo nato da un'alleanza dopo il voto anche se anni fa sta cosa sembrava un problema.
Un problema come un'alleanza che non doveva esserci in principio.
O meglio, è arrivato un contratto di governo.
Un contratto in tremila bozze diverse dalla più folle alla più normale.
Un contratto votato, per di più, da una parte da tutti, quella della Lega, e da un'altra, solo da quattro stronzi dentro un sito perchè, infondo, devi far entrare la gente sulla tua piattaforma del cazzo che altrimenti non pigli i soldi della pubblicità.
Così le due parti si sono messe d'accordo ed è stato scelto come nuovo premier un politico.
No, scusate, un tecnico ma vabbè.
Un tecnico che nessuno conosceva, spacciato come un politico e con un curriculum non falso ma non effettivamente chiaro.
Certo agli altri facciamo le pulci ma se capita ad uno di noi col cazzo.
A questo punto si cercano i ministri, tutto sembra funzionare sino a quando non prendi una buca, tipo quelle prese durante il Giro a Roma, che esiste ma non esiste per tutti e trovi un ministro che due anni fa, tipo, ha dato dei nazisti a dei tuoi alleati.
Due anni fa, quindi ieri, e non quando faceva parte di un altro esecutivo quindi evitiamo di fare paragoni.
Un ministro che evidentemente ha fatto innervosire i mercati provocando un danno che, chiunque ci arriverebbe, vista anche l'instabilità non può essere recuperato in una notte.
Un ministro che avrebbe potuto dire, per iscritto e per esteso, che non voleva uscire dall'Europa ma non l'ha mai detto spaventando i mercati.
Così, ignorando le avvisaglie dei giorni precedenti si è andati a proporlo comunque e indovinate?
È stato rifiutato.
Perchè capita, perchè se il ministro non piace per un determinato motivo non viene accettato.
Non parliamo di opinioni politiche però, parliamo del fatto di essere un problema per i mercati.
Parliamo del fatto di essere un possibile danno per tutti noi come abbiamo visto.
Ora, si potrebbe semplicemente prendere un nome diverso e metterlo a quel ministero e magari usare lo stesso programma e le stesse idee perchè il problema non sono quelli ma il nome.
Che dite lo facciamo un governo cambiando un nome?
No, non sembra essere una cosa possibile.
Non so perchè, forse per testardaggine o per odio.
Forse, come dicono alcuni, perchè uno dei due capoccia voleva far saltare l'accordo.
Io il perchè non lo so ma so che è finita male e che peggio non poteva andare.

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Alla prossima!

#Politica
#Editoriale

domenica 27 maggio 2018

The Screenwriters Room 2 - "13 reason why" 2: spettri e colpe del passato





"A lot of you cared, just not enough."

"13 reason why" Hannah Baker

Immaginate di essere un adolescente, di avere tra i quindici e i diciassette anni.
Immaginate di esservi innamorati di una ragazza, di averla vista andare con altre persone e di averci sofferto molto: voi non le avete mai detto la verità su quello che provavate e l'avete vista andar via, in qualche modo, con qualcuno che secondo voi non la merita.
Secondo voi, neanche voi stessi la meritate quindi la lasciate andare sperando che prima o poi si accorga di voi.
Ad un certo punto lei si accorge di voi o voi comunque riuscite a farvi notare ma qualcosa va storto e tutto torna alla normalità o peggio: vi separate.
Avete avuto vicino la ragazza che amavate, vi siete avvicinati al vostro sogno più grande, stare con lei ma qualcosa non è andata come doveva e ora non avete nulla in mano solo che questa storia non è ancora finita: qualche tempo dopo il vostro incontro lei si uccide.
Voi non capite perché, voi stessi state male tanto da morire e, per un motivo o per l'altro, iniziate a sentire la voce della ragazza che avete amato alla follia.
La sua voce vi mancava moltissimo ma ciò che sentite, il contenuto delle sue frasi, vi fa male e vi fa soffrire.
Cercate di risolvere il problema, di capire perché lei si è uccisa e di vendicarla in qualche modo ma non ci riuscite e allora rimanete lì, con la voce della ragazza che amavate e che amate nelle vostre orecchie, così reale da farvi vedere il suo spettro, che urla e soffre e piange e voi non potete fare nulla per aiutarla.
Voi siete inutili.

Questa è la storia di Clay Jansen, innamorato di Hannah Baker, che dopo aver passato tutta la prima stagione di "13 reason why" a rivivere i dolori della ragazza e a vedere il suo spettro per la città, durante la seconda stagione della serie, inizia a parlare con una proiezione di Hannah a cui lui stesso da vita, voce e anima.
Perché, se non l'avete capito, l'Hannah Baker della seconda stagione non è la vera Hannah, non è uno spettro ma è una rappresentazione delle paure, delle ansie e dei pensieri di Clay stesso che, ormai, si ritrova a parlare con la croce che porta sulle spalle.
L'Hannah Baker della seconda stagione non è la stessa della prima o delle cassette ma è il senso di colpa e il dolore di Clay che prendono forma. 

Clay, proprio per via delle cassette e dell'amore che prova per la ragazza, non è mai riuscito  a superare la sua morte e non ha mai veramente affrontato le cosiddette 5 fasi del lutto che, come si vede nella serie, si mescolano continuamente nella sua testa.
Normalmente queste fasi avvengono in un ordine abbastanza stabile, anche se soggetto a cambiamenti, tuttavia la continua presenza di Hannah, voce sempre presente nelle orecchie di Clay, non gli permette di chiudere un capitolo e di andare avanti.

Clay rifiuta la morte della ragazza ma continua a sentirla vicino e a vederla.
Clay si arrabbia con lei per la sua morte ma si ritrova continuamente spinto contro altri grazie alle storie negli audio lasciati da Hannah.
Clay non può venire a patti con il suo suicidio perché non riesce a capire qual'è la vera causa scatenante essendocene così tante.
Clay non può cadere in depressione o accettare la morte di Hannah perché sente che c'è qualcosa che deve fare per lei: per vendicarla.

Il non poter accettare la morte di Hannah e passare avanti insieme al non poterla vendicare quantomeno per avere un po' di sollievo porteranno Clay, in questa stagione, a dar vita ad uno spettro animato dalle sue parole e dalle sue paure e colpe per più di un motivo.
In primis lo spettro di Hannah serve a Clay per confrontarsi su alcune cose e per dar voce ai suoi pensieri sia a favore che contro Hannah.
Allo stesso tempo Clay ha bisogno inconsapevolmente che Hannah, ad un certo punto, gli dia il via libera di andare avanti cosa però impossibile, come si vede all'inizio della serie con Skye, prima di essersi reso utile per vendicare la ragazza.
Infine Clay ha bisogno di un corrispettivo con cui parlare e mentre l'Hannah della prima stagione parlava con lui attraverso le cassette questa volta è lui ha coprire i silenzi della ragazza creandone un avatar.

L'idea di un Hannah spettro capace anche di parlare quindi, secondo me, non è una trashata come ho letto ma è perfettamente giustificabile.
Da una parte si giustifica dal punto di vista narrativo con Clay che ha bisogno di parlare con Hannah per andare avanti, nessuno mi può dire che non ha mai parlato nella sua testa con qualcuno, e perdonarsi.
Dal punto di vista tecnico serve agli sceneggiatori per creare un dialogo tra Clay e, indirettamente, il pubblico che ora può effettivamente sentire tutto ciò che lui pensa attraverso la sua bocca o quella di Hannah.

Ultima cosa: Clay non parlerà mai veramente ad alta voce con lo spettro di Hannah proprio perchè i suoi dialoghi con lei sono tutti nella sua testa.
Le poche volte che Clay urlerà qualcosa e si farà sentire dagli altri, in realtà, sono da identificarsi con i primi segni di un crollo nervoso che raggiungerà il suo limite nel penultimo incontro tra lui e Bryce quando Clay cercherà di ucciderlo perché si sente impotente.

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#TheScreenWritersRoom
#13ReasonWhy

lunedì 21 maggio 2018

13 Reason Why 2 - Ancora una volta, con più sentimento ma meno intelligenza






 Leviamoci sin da subito il sassolino dalla scarpa: questa seconda stagione, a differenza di quello che pensavamo io e tanti altri, non ha rovinato l'intera serie, almeno per me, ma, purtroppo, toccherà vedere la terza stagione per capire quanto questa seconda stagione sia valida.

Sono passati cinque mesi dal finale della prima serie e qualche tempo in più dall'omicidio di Hanna.
La cittadina e la scuola che abbiamo visto precedentemente sono in subbuglio: Bryce è a processo e insieme a lui la scuola stessa.
Alcuni sono andati avanti, altri sono rimasti indietro ma tutti hanno sentito l'addio di Hanna: tutti sono stati toccati dalle cassette in qualche modo.

L'intero show vive sia in tribunale che nella scuola, tra indagini e interrogatori e tra pianti e scene tremendamente dolorose per i nostri protagonisti e per noi spettatori.
Seguendo la scia della scorsa stagione ogni episodio si dedica ad un singolo personaggio e Hanna continua, bene per alcuni e male per altri, ad essere una presenza costante nella serie.
I momenti dolorosi e "di formazione" diminuiscono rispetto al passato ma rimangono comunque presenti e, soprattutto, si risponde alle critiche passate.

Molti, al tempo, non erano contenti di Hanna: troppo vittima e poco umana, troppo bianca e non minimamente reale.
Questa stagione però, che si prefigge l'obiettivo di scrivere negli spazi bianchi della prima storia, forse anche troppo, riprende in mano la figura della ragazza e la rende più umana e più grigia mettendola in situazioni "scomode" e umane.
Tolta lei tutti i personaggi avanzano, bene o male, nella loro crescita e di ognuno riusciamo a farci anche un'idea diversa.

Perdendo però il filo conduttore ed emozionale legato alle cassette la serie perde sicuramente di impatto e spessore rimanendo vicina solo a coloro che si erano innamorati dei personaggi precedentemente.
Per di più, il finale discutibile lascia troppo all'immaginazione e lascia lo spettatore frustratissimo.

Ripeto, la seconda stagione rimane sempre molto carina ma è una spanna sotto la prima e non ha un finale soddisfacente.

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#Recensione
#13ReasonWhy
#Netflix

domenica 20 maggio 2018

Il Miracolo - I primi 4 episodi





"Il miracolo", la nuova serie originale Sky creata e diretta dallo scrittore Niccolò Ammaniti, è composta da otto episodi.
Approfittando di questa "coincidenza" ho deciso di parlare di questo prodotto così particolare, dalle origini italiane ma anche vicina alla serialità americana e ideata da uno scrittore visionario, in tre momenti separati.
Avremo due articoli in cui analizzeremo i primi e gli ultimi quattro episodi subito dopo la loro messa in onda e poi un ultimo articolo finale per parlare di tutta la serie in maniera completa.
Iniziamo, quindi, con i primi quattro episodi.

Ammaniti sa come iniziare un racconto, sa come scrivere una buonissima base senza sé e senza ma e in questi primi quattro episodi la cosa è abbastanza chiara.

In pochi episodi abbiamo delle figure di protagonisti abbastanza forti e non privi di dilemmi importanti e tutti i comprimari iniziali, credo che ne arriveranno altri, hanno un certo spessore e in qualche modo possono avere una rilevanza nella vicenda principale.
Non abbiamo un vero e proprio villain ma direi che non serve: il conflitto è lì e sembra che si stia insinuando pian piano in alcuni personaggi e sia già covato da altri.
In quattro ore, Ammaniti, ha descritto una situazione base, ha creato un trittico di protagonisti capace di ribaltare le carte sul tavolo in poco tempo e ha messo alcuni jolly niente male.
Insomma: "Il miracolo" ha si una propria identità ma nulla che non possa essere distrutto nelle prossime quattro ore.

Un'identità tipica delle opere dell'autore: una realtà vicina alla nostra ma allo stesso tempo con un leggero tocco di stranezza da renderla interessante.
Un passato misterioso che, credo, verrà spiegato alla fine della serie stessa o nei paraggi del finale così da avere una stagione e una serie conclusiva anche se difficilmente Sky non punterà ad un rinnovo.
Un passato, anche quello, strambo e particolare legato a luoghi affini a certi eventi e quindi, ancora una volta, torniamo alla realtà vicino alla nostra ma con un tocco di stranezza.
Una stranezza che tocca lo spettatore sin dalla sigla iniziale, che mostra, nel finale, il sorriso della statuetta della Madonna che risulta sia diabolico che pacifico.

Probabilmente è questa la forza di queste prime tre puntate: una serie di vicende reali ma diverse da quelle della nostra contemporaneità che tuttavia interessano lo spettatore e lo tengono incollato allo schermo.

A questo punto però il problema sarà vedere se, come nei suoi libri migliori, il finale sarà all'altezza della strana premessa iniziale.


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#Recensione
#IlMiracolo

lunedì 14 maggio 2018

All In - Quando un sogno meraviglioso iniziò con una scommessa


Era il 16 Maggio del 2017 e Cody Rhodes, uno dei wrestler ed entertaiment migliore che conosca, decise di accettare una sfida insieme a due dei più grandi wrestler delle indy della storia, i Bucks, con cui da poco era entrato in confidenza: decise di organizzare un singolo show, di una notte, insieme ai suoi amici completamente indipendente.
Nessun aiuto dall'esterno, nessuna compagnia e nessuna terza parte: solo lui, i suoi amici e chiunque avesse voluto.
Una singola notte per 10,000 persone.


Ora per chi non conosce il panorama del wrestling americano e mondiale la cosa potrebbe non sembrare così particolare o comunque difficile se, come ho detto all'inizio dell'articolo, questi tre uomini sono così bravi ma la realtà non è sempre così facile: il mercato, americano e mondiale, è nelle mani di una singola compagnia che non ha rivali, la WWE, e poi abbiamo la presenza di varie compagnie medie e altre molto piccole.
In un mercato del genere nessuno, nessuno, riesce a mettere insieme così tante persone: nessuno che non sia la WWE.

Questa scommessa quindi mette una persona, Cody, fuoriuscita dalla WWE, anche male, di fronte ad una sfida enorme: superare il suo ex datore di lavoro in una maniera inedita e, anche, abbastanza umiliante.
Un singolo e i suoi amici contro un'azienda che da anni domani il settore e che da anni mangia qualsiasi avversario.

Cody però inizia a creare questo evento, porta con se i suoi migliori amici, alcune persone appena conosciute e decide un nome che dice tutto: "All in" espressione utilizzata all'esterno nel gioco del poker che va a significare la messa in gioco di tutte le proprie fish su un'unica puntata.
Cody e i suoi sanno che stanno facendo una scommessa enorme.
Una scommessa che ieri, giorno di apertura delle prevendite, ha avuto il suo risultato.

In 30 minuti, uno show creato da tre persone senza nessun aiuto da terzi e partito da una scommessa, ha fatto sold out.
10,000 persone hanno preso i biglietti per vedere questa gente vincere una guerra più grande di loro.
Cody e i suoi hanno dato voce ad un movimento che vuole qualcosa di più della solita pappa preparata, un movimento capace di sfidare un colosso mondiale e vincere.

Cody e i suoi hanno vinto la scommessa più grande: hanno dimostrato di potercela fare da soli.

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#Wrestling
#AllIn

venerdì 11 maggio 2018

Anteprima 6 - Tuo, Simon





"Tuo, Simon" è un bel film.

Difficile poter dire di più oltre questa frase.
Difficile perchè "Tuo, Simon" non è un film che esce dai soliti schemi del genere nè è brillante nei dialoghi.
Non abbiamo grossi personaggi nè scontri o incontri degni di nota: nessun tratto del film supera il limite standard di questi prodotti.
Proprio in questa voglia di non essere nulla di più di un semplice teen drama molto, molto leggero "Tuo, Simon" diventa il film perfetto.

Chiariamo, non sto parlando di un capolavoro del genere ma di un film che proprio per non voler essere altro è un gran bel film: vuole rimanere ciò che è.

Ambientato nella solita provincia americana, con il solito gruppo di amici e una famiglia più che perfetta la pellicola non esce mai dalla sua bolla fantastica e, evidentemente, priva di problemi.
Non c'è mai un qualcosa di troppo nero che possa completamente rovinare l'atmosfera estiva e felice.
Tutto si muove secondo un certo ordine e senza particolari problemi si arriva al finale.
Certo non è che ora non c'è un motore della storia ma questo non è il "problema" del protagonista: è una cosa duemila volte più "normale".

"Tuo, Simon" non vuole essere un film che fa soffrire il protagonista e che, per questo, fa riflettere il pubblico: vuole essere una pellicola che gira intorno al "problema", lo lascia sullo sfondo e tratta tutto il resto come un normale drama.

"Tuo, Simon" è un teen drama normalissimo in cui il protagonista non cerca una ragazza ma un ragazzo senza seghe mentali esagerate o estreme: infondo Simon è come tutti noi.


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#Anteprima
#TuoSimon

lunedì 7 maggio 2018

Quando non sai come chiamare il tuo servizio streaming con un nome originale


In un momento storico in cui anche mia Zia vuole aprire un servizio streaming per raccimolare dei soldi dalle visual dei suoi filmini vacanzieri non dovrebbe stupire che grosse major come la Disney seguano la massa: infondo loro ne hanno le capacità, hanno i prodotti e, a conti fatti, le idee per farlo funzionare.
Stupisce però che a farsi avanti in questo campo non sia la Warner Bros con tutte le sue proprietà ma solo la DC Entertaiment.

Oltre ad un annuncio di qualche mese fa infatti pochi giorni fa la DC stessa ha annunciato l'arrivo, insieme ad alcune serie, del suo servizio streaming in maniera ufficiale con tanto di loghi e di account Twitter.
Un servizio esclusivamente dedicato al loro universo fumettistico e lontano dalle varie proprietà cross mediali e universalmente conosciute in mano al gigante che possiede la DC: la Warner Bros.
Un servizio, al momento, privo di serie o di film animati con protagonisti i loro grossi nomi come Batman e Superman ma con solo serie e cartoni dedicati a personaggi cult o di poco conto.
Forse l'unica a salvarsi da questo "anonimato" per le masse è Harley Queen.

La DC e la Warner, quindi, decidono di seguire la Marvel e la Disney ancora una volta, il fallimento al cinema evidentemente non gli ha insegnato nulla, e, come sempre, decidono di farlo in maniera frettolosa e senza una vera e propria strategia almeno a prima vista.

Il nuovo servizio infatti, purtroppo per noi, oltre a essere sprovvisto per ora di un prezzo e di una data di lancio certa, non presenta un vero e proprio titolo di appeal per il grande pubblico o un servizio che possa comunque avvicinare l'utente medio.
Prime dalla sua può non avere tutto ma almeno ha il servizio di consegna e lo streaming Disney ha la serie televisiva di "Star Wars".
La DC, invece, ha deciso di puntare, come abbiamo detto, su titoli di nicchia, "Swamp Thing" e "Young Justice", su roba interessante ma non così forte, la serie animata su Harley, e su un prodotto che già per le sue foto di scena sta venendo odiata dai fan e derisa dal pubblico.
Per di più, puntare su queste serie, almeno a prima vista, non sembra dire che la DC voglia un pubblico generalista ma più hardcore quindi più severo e ristretto cosa che potrebbe danneggiare la piattaforma, troppo poco successo, e potrebbe influire sul costo che potrebbe essere alto.

Poi, per carità, sarò il primo a ricredermi se il costo e le serie proposte saranno di buona fattura ma come ormai qualsiasi cosa proposta dalla DC oltre ai fumetti la speranza è poca.

Ah, il nuovo servizio streaming della DC si chiama "DC Universe" perchè loro ne hanno di fantasia.
Maledizione.

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#Editoriale
#DCU
#DC

domenica 6 maggio 2018

Avengers: Infinity War - Dieci anni di storia






Questo articolo è una recensione spoiler di "Avengers: Infinity war" con spoiler.
Chiunque non voglia leggere un parere approfondito sul film ma uno superficiale può farlo qui.

Sono passati dieci anni dal primo film che ha dato il via all'universo cinematografico Marvel, sono passati dieci anni dal primo "Iron Man" e, finalmente, siamo arrivati a questo punto.
Siamo, finalmente, arrivati a Thanos contro gli Avengers: allo scontro finale e alla summa di dieci anni di storie, di film tutti auto conclusivi e tutti parte di un disegno molto più grande.

Io, prima di andare avanti, scopro subito le carte e lo dico: non credevo che ce l'avrebbero fatta.
Io non credevo che sarebbero riusciti a fare un film di due ore e mezza capace di portare a compimento tutte le storie che avevano iniziato e in grado di avere tutti questi personaggi dentro.
I film Marvel mi avevano stancato da tempo e non ero minimamente fiducioso perché, da bravo sceneggiatore, mi rendevo conto che l'obiettivo finale era veramente difficile eppure, contro ogni mio pronostico, i fratelli Russo hanno fatto un capolavoro.
Un capolavoro per questo genere di film, per i film di supereroi e di intrattenimento ma comunque un capolavoro.

Per riuscire a creare un prodotto soddisfacente riuscendo a dare il giusto spazio a tutti i personaggi i Russo hanno deciso di iniziare il film in medias res o, quantomeno, ad un certo punto della ricerca di Thanos.

Il matto di Titano, questo il suo nome nei fumetti, infatti lo vediamo sulla nave asgardiana intento, insieme ai suoi uomini, ad uccidere i rimanenti dei perché attirati dalla gemma tenuta da Loki.
Non vediamo il loro attacco alla nave, non vediamo la formazione del suo ordine e non vediamo il suo attacco ai Nova Corps e la sua conquista della prima gemma.
Thanos ci viene subito presentato con un'aura di mistero e, subito, lo vediamo mettere alle strette Hulk, Thor e Loki tre personaggi fortissimi che sino a quel momento erano sempre riusciti a vincere le loro battaglie, soprattutto Hulk.
In pochissime scene Thanos diventa il nemico più forte che gli Avengers possano mai incontrare e, qualche minuto dopo, anche i suoi uomini diventano estremamente minacciosi: alcuni vanno da Strange e altri da Visione e Wanda mettendoli in difficoltà e "menomando" alcuni Avengers che, agli occhi del pubblico erano difficili da battere.
Gli Avengers, in poco tempo, dimostrano di non essere più quella forza inarrestabile che tutti ricordavano non perché sono divisi ma perché hanno incontrato qualcuno di più forte.
Un brivido sale sulla schiena degli spettatori: se gli alieni che seguono Thanos riescono a mettere in difficoltà gli Avengers che cosa accadrà quando incontreranno il Titano?

A questo punto, proprio per dare il giusto spazio a tutti, cosa fatta ottimamente, a mio modo di vedere, solo nel primo "Avengers", i Russo dividono i protagonisti della pellicola in tre gruppi diversi e ne uniranno due solo nel finale della pellicola per, prima della fine, ridare un po' di respiro al pubblico.
Un respiro che ritorna a chi guarda solo in certi momenti perché poi il film è una corsa continua, una tensione che non si ferma mai e che non vuole fermarsi.
Si parte in medias res e si continua così senza mai dare veramente le basi della narrazione e con continui scontri da una parte e dall'altra.
Non c'è una vera trama: c'è solo un nemico da distruggere e tot modi per farlo che, però, falliscono tutti.

Questa mancanza di basi nello stesso film, questo scontro continuo io non li avevo mai visti al cinema o se li avevo visti, come in "Transformers 4", non mi avevano lasciato nulla perché non erano in grado, i film stessi, di vivere quella tensione perché allo spettatore non importava.
I Marvel studio però hanno avuto dieci anni di costruzione e tantissimi film e serie TV per preparare il pubblico a questo film che, a differenza degli altri, non è completamente visibile da chi non ha visto le pellicole passate ma è comunque un grandissimo divertimento.
Non ci sono basi in questo film perché le abbiamo avute nel passato, non ci serve sapere nulla dei personaggi perché so che Star Lord ama Gamora e perché sapere che Tony vuole un figlio mi sembra una decisione importante per lui.
Perché io Tony lo conosco e voglio che sia felice.
Perché io so chi è e so cosa vuole.
Questa è la grande forza di questi film.
Non nel film in sé ma nella costruzione di un enorme universo capace di raccontare storie intramontabili.

Storie e personaggi che vorrei non finissero nel bene e nel male e che, purtroppo e per fortuna, questo film riesce a chiudere in un certo modo.
Gamora muore, Visione fa lo stesso, Loki anche e fa male.
Fa male perché Gamora e Visione li conoscevamo e li avevamo visti amare qualcuno e vediamo il dolore di Wanda e di Star Lord.
Un dolore così forte che porta uno a uccidere l'amore della sua vita e l'altro a rovinare un piano quasi perfetto.
Fa male perché Loki era uno dei personaggi più riusciti di questo mondo ed è morto come uno stronzo.
Un dolore che sentiamo nella voce di Pepper quando Tony sale sulla nave di Thanos e si rende conto che non può scendere.
Quando Tony prende più di un colpo da Thanos e quando prende QUEL COLPO noi soffriamo con lui e tratteniamo il fiato con lui.
Spiderman poi, forse è meglio non parlarne.

Quando quasi tutti spariscono un po' tutti noi ci sentiamo mancare e magari non perché muore un personaggio che ci piaceva ma perché vediamo uno di quelli rimasti con il vuoto negli occhi.
Gli Avengers, per la prima volta nella loro storia, hanno perso.

Sono serviti dieci anni e tanti film ma per la prima volta al cinema abbiamo una pellicola capace di mantenere per due ore e mezza una tensione fortissima e senza bisogno di raccontare le basi dell'intera storia perchè già tutti ne erano a conoscenza.
Capolavoro.

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